La balbuzie è un disordine nel ritmo della parola per cui la persona sa cosa vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono che hanno carattere di involontarietà»
(Organizzazione Mondiale della Sanità, 1977)

Le teorie attuali parlano di una complicata interazione tra lo sviluppo del linguaggio dei bambini e le loro capacità motorie di produzione del linguaggio (respirazione, fonazione, risonanza e articolazione), combinati con le molteplici influenze della personalità e dell’ambiente comunicativo e sociale del bambino. In altre parole, la balbuzie non ha una singola causa, quindi spiegazioni semplici come “sta parlando troppo veloce” o “è nervoso” non spiegano adeguatamente questo complicato disturbo.

La balbuzie è più frequente nei maschi, di solito compare tra i 4 e i 6 anni, raramente in età adulta. È possibile si verifichi in certi periodi per poi scomparire. Ci sono casi in cui la difficoltà può essere appena percettibile, per cui il disordine è più che altro estetico, altri in cui la sintomatologia è estremamente grave e può effettivamente impedire la maggior parte della comunicazione verbale. È importante coglierne i segnali più precocemente possibile e consultare uno specialista affidabile (attenzione a chi ne fa un business).

A livello sociale molti sono i pregiudizi e spesso sono causa di autoemarginazione e sofferenza, sfociando spesso in atti di bullismo. Non si conoscono con certezza le cause che stanno alla base di questo disturbo. Tende ad avere un certo grado di familiarità e la maggior parte degli studiosi pensano che una predisposizione alla balbuzie possa essere ereditaria. Di solito si è portati a credere che sia causata da un disagio psicologico, dovuto a eventi traumatici e/o ad ambienti educativi inadeguati che hanno segnato indelebilmente la personalità del soggetto, e che lo renderebbero timido, poco pratico, incline a demoralizzarsi, e forse anche meno dotato dal punto di vista intellettivo. Interpretando così la balbuzie, però, ci sfugge quel carattere d’involontarietà che differenzia radicalmente gli errori linguistici dalle ripetizioni e i prolungamenti (cioè le cosiddette disfluenze) che caratterizzano il parlato del balbuziente.

La situazione odierna della ricerca internazionale, soprattutto statunitense, aiuta a descrivere meglio il disordine, ma ancora non lo spiega, né tantomeno aiuta a predirlo e controllarlo. L’ignoranza teorica sulle cause che generano e mantengono la balbuzie si riflette sul trattamento terapeutico: le molte terapie che vengono somministrate ai balbuzienti non potendo intervenire sulle cause quasi sempre si limitano ad intervenire sui sintomi, e vengono perpetuate in base alla considerazione pratica che in qualche modo “funzionano”.
Dal punto di vista sociale la balbuzie non è contemplata tra le disabilità e non sono previsti benefici di legge.

Nel film Il discorso del re diretto da Tom Hooper uscito nel 2010, il principe Albert Duca di York, interpretato da Colin Firth, ha un evidente problema di balbuzie che gli causa un forte disagio e imbarazzo, specie in presenza del padre autoritario, Giorgio V re di Gran Bretagna e Irlanda e dei Domini britannici d’oltre mare, imperatore delle Indie.
Il principe secondogenito, scoraggiato dal fallimento delle varie terapie sperimentate, decide di non tenere discorsi in pubblico e di dedicare il suo tempo alla moglie e alle figlie Margaret ed Elizabeth (la futura Elisabetta II), ancora bambine.

Siamo ai primi del Novecento, la moglie Elizabeth contatta un certo Lionel Logue, un uomo di origini australiane appassionato delle opere di Shakespeare, che si occupa di problemi del linguaggio. Il suo è un metodo atipico, frutto di una lunga esperienza sui reduci con problemi di linguaggio della Grande Guerra. Predisporrà il principe Bertie, come viene chiamato affettuosamente in famiglia, a diventare egli stesso soggetto attivo nell’affrontare il suo disturbo. Lionel sarà abile nell’individuare le radici psicologiche del problema del principe che risalgono all’infanzia.

Morto il padre, il principe di Galles figlio primogenito salito al trono come Edoardo VIII, è intenzionato a sposare una statunitense divorziata, cosa inconcepibile per un re e capo della Chiesa del Regno Unito, così abdica a favore del fratello.
Giorgio VI si troverà a dover affrontare con coraggio ciò che voleva proprio evitare, tra cui il triste annuncio alla radio della dichiarazione di guerra alla Germania del 1939.

Per approfondire: La balbuzie – Il nostro punto di vista