I BUCANEVE
Il nome deriva dal greco e significa “latte e fiore” indicativo del suo colore bianco crema. Il bucaneve è anche chiamato “stella del mattino”, perchè è uno dei primi fiori a sbocciare dopo l’inverno.
Secondo il linguggio dei fiori sono il simbolo della speranza e della vita.
…Il virgineo bucaneve,
come un guizzante fuoco,
penetra la fredda terra
con la sua verde screziata cuspide
e nei boschi oscuri il piccolo vagabondo
può trovare una primula.
È un passo tratto da una poesia di “Il diario di campagna di una signora inglese del primo novecento” Edith Holden (1871-1920). E’ il diario autentico di una giovane donna del primo Novecento scoperto per caso in una biblioteca di una casa di campagna, interamente scritto a mano. L’autrice ha annotato in parole, disegni e acquerelli i fiori, gli insetti e il paesaggio che la circondava, insieme alle poesie predilette, attraverso il ciclo delle stagioni.
Da non confondere con il Campanellino di Primavera (Leucojum Vernum) molto simile al bucaneve, tipico del sottobosco ha però una resistenza e una durata maggiori, e il cui principio attivo viene utilizzato dall’industria farmaceutica.
A questo fiore pare infatti sia più riconducibile l’episodio raccontato nell’Odissea di Omero: Ermete incontra Odisseo prima che arrivi dalla maga Circe e gli indica una pianta magica, “l’erba moli” da usare come antidoto contro la pozione che la maga Circe aggiungerà al cibo e che trasformerà i suoi compagni in porci.
«Dopo aver detto così, mi dava l’erba Argheifonte, strappandola dalla terra e me ne mostrò la natura; la radice era nera ed il fiore del color del latte; gli dèi la chiamano “molu”. E difficile strapparla per le creature mortali ma i numi tutto possono».
Odissea X, 302-306
(trad. Fabrizio Bonera – C.A.I. Manerbio)
Dallo sceneggiato televisivo Odissea di Franco Rossi, 1968
LE PRATOLINE
La pratolina (Bellis perennis) nasce spontanea nei prati e pascoli di tutte le regioni italiane, è un’erbacea perenne, solitamente non più alta di 15 cm, possiede un solo capolino, con “bottone” centrale giallo e “petali” bianchi, ma spesso soffusi di rosa-rosso. Anche in natura, gli ibridi e le varietà non si contano. È considerata un’infestante dei tappeti erbosi, anche se ultimamente torna ad essere apprezzata proprio per quella semplicità che per lungo tempo ci è sembrata fin troppo scontata. Per i suoi principi attivi è impiegata in fitoterapia.
I suoi fiori si aprono la mattina, alle prime luci dell’alba per poi richiudersi la sera, forse per questo gli inglesi la chiamano “Daisy” che deriva dall’espressione “Day’s eye”, occhio del giorno.
Alcune leggende raccontano che in Francia Margherita di Valois, sorella di Francesco I, quando sposò Emanuele di Savoia, fu presentata a corte con un cesto di margheritine. Margherita d’Angiò moglie di Enrico VI d’Inghilterra, invece, la fece raffigurare su arazzi e vesti di gala, traendone dei significati simbolici: con i petali aperti era l’emblema della pienezza della vita, mentre con i petali chiusi raffigurava la riservatezza ed il candore.
Le pratoline sono presenti tra i moltissimi fiori dipinti nella Primavera da Sandro Botticelli (1482 circa).
Frequentatore assiduo della Corte medicea della quale facevano parte illustri nomi dell’arte, della letteratura, della storia greca e latina, Botticelli ebbe modo di intavolare discorsi filosofici sull’immortalità dell’anima, sull’amore platonico, sulla bellezza terrena come preludio di quella divina; divenne il pittore ufficiale di quel mondo intellettuale ed in tale contesto nacquero le opere come l’allegoria della Primavera eseguita per Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici: una delle opere più celebrate del pittore in cui si delinea l’esaltazione della natura in tutte le sue splendide manifestazioni e s’illustra l’uso del simbolo e dell’allegoria come canale privilegiato di comunicazione.
Estratto da: BOTTICELLI – Il pittore delle Madonne
La pratolina decisamente molto più piccola e dai petali sottili e allungati non va confusa con la margherita.
La margherita (Chrysanthemum leucanthemum), pianta erbacea annuale che cresce spontaneamente nei prati di diverse zone dell’Europa, anche se è originaria del Tibet.
Raggiunge i 90 centimetri di altezza e presenta fiori unici, cioè capolini con petali bianchi e al centro un pistillo giallo. Alcune varietà possono avere anche petali gialli o rosa o rossi.
In genere la margherita fiorisce a primavera e la sua apparizione sui prati indica proprio l’inizio della stagione primaverile, ma può fiorire anche in autunno specie nelle aree temperate. In particolare, nei Paesi anglosassoni l’arrivo della primavera è segnato dal calpestare in un prato almeno dodici margherite consecutive.
La margherita riveste diversi significati, sempre positivi, perché nel corso della storia a questo fiore non è mai stato attribuito alcun significato negativo. In funzione degli usi, dei costumi e delle epoche storiche, è diventata un vero e proprio “simbolo” per eccellenza del linguaggio dei fiori.
Per molte culture la margherita è il fiore della purezza, dove per purezza si intende quella del corpo, dello spirito e della mente, di bontà d’animo, innocenza e candore, quest’ultimo in particolare è riferito all’età giovanile e all’infanzia, quando nessun male può turbare l’anima e la coscienza di un individuo.
“Margherita” è anche una famosissima canzone di Riccardo Cocciante
Poi corriamo per le strade
e mettiamoci a ballare
perché lei vuole la gioia,
perché lei odia il rancore,
e poi, coi secchi di vernice
coloriamo tutti i muri,
case, vicoli e palazzi,
perché lei ama i colori
raccogliamo tutti i fiori,
che può darci primavera
costruiamole una culla,
per amarci quando è sera,
poi saliamo su nel cielo,
e prendiamole una stella,
perché Margherita è buona,
perché Margherita è bella.
La margherita è, e sempre resterà, uno dei fiori più belli e semplici che la natura ci abbia mai regalato. Ma il suo significato forse più diffuso riguarda proprio il sentimento d’amore, da qui, forse, deriva il gioco del “M’ama non m’ama”.
Si dice che la margherita abbia proprietà profetiche, forse perché gli innamorati usavano sfogliarla per sapere se il loro amore era ricambiato. Nel Medioevo, le donne riconoscevano pubblicamente di essere amate e di riamare quando concedevano al loro cavaliere il permesso di ornare il proprio scudo con due margherite.
Opposto è il messaggio che altri hanno assegnato al fiore: quando una donna non era sicura dell’affetto dell’amato si ornava la fronte con margherite.
Secondo motivo non proprio consono ma molto toccante…
A Margherita di Provenza viene attribuita l’usanza di sfogliare in senso profetico la margherita. Desiderava sapere se il marito, il re Luigi IX, fatto prigioniero dai saraceni nella sfortunata Crociata del 1248, fosse ancora vivo e se sarebbe tornato. Suo fratello le donò una margherita:
“Sfogliala petalo dopo petalo, come fanno i contadini in Provenza. A ogni petalo recita una preghiera. Arrivata all’ultimo, raccomandati a Dio per invocare il ritorno del sole dopo il solstizio d’inverno. Conserva i petali che hai sfogliato per donarli al tuo consorte quando lo vedrai tornare a te sano e salvo. Saranno questi petali a testimoniare la tua fedeltà e il tuo amore: diventeranno il simbolo dell’amore che ti lega a lui”.
Il re, liberato e tornato in Francia, volle aggiungere sullo stendardo del casato tre margherite d’argento. E’ forse l’unico stemma araldico con un fiore così poco guerriero. Quando Margherita morì nel 1295 sulla sua tomba crebbero stupende pratoline.
di nicrub – da Answers Yahoo
M’ama non m’ama è anche il nome di un divertente quiz televisivo italiano condotto da Marco Predolin e Sabina Ciuffini, in cui aitanti ragazzi e procaci fanciulle, nelle vesti di cacciatori e prede, si scontravano a suon di domande, alle quali rispondere semplicemente con un “vero o falso”. Fu una trasmissione che esordì sul pre-serale di Retequattro (1983-1985) sotto la gestione Arnoldo Mondadori Editore, per poi proseguire la sua programmazione anche dopo l’ingresso di Retequattro all’interno del nascente gruppo Fininvest.
Renato Zero ne ha fatto il titolo di una canzone che interpreta a “Fantastico 3” del 1982, spettacolo musicale della RAI condotto da Raffaella Carrà. In M’ama non m’ama Renato Zero si traveste da diavoletto rosso tra pozioni fumanti e caramelle giganti, e canta di una sessualità problematica, diventata merce, che si crede di poter gestire con metodi artificiosi, da manuale.
No, ricette no.
L’amore ha solo
bisogno d’amore….
La voglia è qua!
È ritornata!
Questa voglia non se ne va….
In farmacia,
Ci vada pure chi non ha fantasia…
M’ama non m’ama – Renato Zero (1982)