L’ingegnere Antonio Cavalieri Ducati dà il via all’azienda di famiglia nel 1926 a Bologna con il nome di Società Scientifica Radio Brevetti Ducati, essendo specializzata nella ricerca e produzione di tecnologie per le comunicazioni radio.
Lo scopo è quello di sfruttare industrialmente i brevetti del figlio Adriano, pioniere delle trasmissioni radiofoniche. Questi, benché giovanissimo, realizza il primo collegamento stabile Italia-Stati Uniti e il primo collegamento simultaneo tra i cinque continenti.
L’azienda, alla morte di Antonio avvenuta solo un anno dopo la fondazione, viene gestita dai figli e comincia ad affermarsi, per poi spaziare in svariati campi industriali.

Nello scantinato di un edificio situato nel centro di Bologna i fratelli Adriano, Bruno e Marcello Cavalieri Ducati iniziano la produzione di un condensatore denominato “Manens” che vede un incremento tra il 1930 e il 1934.
L’azienda nel 1935 si dota uno stabilimento a Borgo Panigale, un quartiere di Bologna, dove ancora oggi ha sede la Ducati Motor Holding Spa e la Ducati Energia Spa.
La produzione viene ampliata con la realizzazione delle prime apparecchiature radiofoniche, antenne radio, i primi sistemi di comunicazione interfonica (denominati “Dufono“), proiettori cinematografici, addizionatrici (Duconta) e rasoi elettrici (Raselet).
Verso la fine degli anni 30 vengono aggiunti due ulteriori stabilimenti situati nella periferia di Bologna, a Bazzano e a Crespellano, e nel 1939 viene creata la sezione ottica con l’importante collaborazione dell’Istituto Ottico di Firenze, diretto in quegli anni dal professore Vasco Ronchi, potendo contare su ottimi tecnici provenienti dalla Salmoiraghi e dalla San Giorgio come l’ingegnere Bruscaglioni.

Durante il Secondo conflitto mondiale, come tante altre aziende italiane, anche la Ducati è costretta a convertire la sofisticata produzione da uso civile a uso militare. In seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, la fabbrica viene occupata dalle truppe tedesche e l’anno successivo viene bombardata e distrutta.
Durante il dopoguerra su richiesta dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) viene aggiunto il reparto motociclistico (1946) allo scopo di produrre su licenza il Cucciolo, un motore monocilindrico di 48 cc con cambio a due velocità da applicare come propulsore ausiliario ad una normale bicicletta.
Venne progettato dall’avv. Aldo Farinelli e industrializzato dalla SIATA di Torino, che però non aveva le capacità industriali per far fronte all’insperato successo di questo prodotto. Successivamente evoluto, il Cucciolo viene prodotto in altre versioni. Nel frattempo il motore viene applicato a un telaio progettato dalla Caproni, impresa del settore metalmeccanico che rappresenta altresì una delle più importanti aziende aeronautiche italiane, ottenendo un bicimotore venduto in tutto il mondo in oltre 250.000 unità.

Nel 1946 la sezione ottica realizza Sogno, la prima di una serie di microcamere che negli anni viene prodotta in diverse versioni e modelli, ma non ottiene successo a causa della scarsa reperibilità dei rullini e l’elevato prezzo di vendita. La produzione quindi cessa nel 1952 e l’anno successivo nel corso di una ristrutturazione aziendale la sezione ottica viene chiusa.

Nel 1948 i fratelli Ducati cedono la proprietà dell’azienda  alle partecipazioni statali e Adriano emigra negli Stati Uniti entrando nella Plamadyne e dà importanti contributi allo sviluppo di motori al plasma per la NASA.
Nel 1954 avviene la scissione dell’azienda:
la Ducati Meccanica, segue la realizzazione di motoveicoli, e la Ducati Elettrotecnica, continua la strada inizialmente percorsa dalla famiglia Ducati.
Lo stesso anno in Ducati Meccanica viene assunto Fabio Taglioni, geniale progettista romagnolo che sviluppa per Ducati, tra il 1954 e il 1984, oltre mille progetti di moto e motori, ma soprattutto le tecnologie a tutt’oggi utilizzate, e rispettivamente il sistema desmodromico, il motore bicilindrico e il telaio a traliccio.
Durante questo periodo la casa produce 2 scooter, il Cruiser e il Brio, rispettivamente nel 1952 e 1963.

A partire dal 1975 è l’EFIM a gestire il controllo statale sulla Ducati che viene ceduta nel 1978 alla VM Motori che si occupa soprattutto di motori diesel industriali e automobilistici.

La società VM Motori è un’azienda motoristica italiana, la cui sigla deriva dai nomi dei due imprenditori Vancini e Martelli che la fondarono nel 1947 a Cento in provincia di Ferrara.

In seguito a una fusione avvenuta nel 1972, alla VM viene incorporata la SMT (Stabilimenti Meccanici Triestini) dando origine a una nuova società: gli Stabilimenti Meccanici VM S.p.A con uno stabilimento a Cento per la realizzazione di motori industriali, e uno a Trieste per la realizzazione di motori marini e gruppi elettrogeni, entrando così a far parte del gruppo IRI-Finmeccanica.

Nel 1979 la Finmeccanica dà vita a un raggruppamento che affianca alla Ducati e alla VM di Cento e di Trieste, la Isotta Fraschini di Bari e di Saronno e il Centro esperienze studi impiego diesel (Cesid) con una produzione motoristica diversificata. Lo stesso anno nasce la prima vettura italiana sovralimentata a gasolio: l’Alfa Romeo Alfetta dotata di un motore VM Motori.
Nel 1985 la Ducati viene ceduta alla Cagiva e la VM nel 1989 viene privatizzata.
Nel corso degli anni la VM Motori approvvigionò parecchie case automobilistiche con i propri propulsori caratterizzati dalla presenza del turbocompressore fornendo ottime prestazioni e migliorando sempre più l’efficienza energetica.
L’assetto societario subendo molte modifiche, passa di mano varie volte fino al 2013, quando diviene proprietà della Fiat (Fabbrica Italiana Automobili Torino). Sviluppando una collaborazione con i tecnici della casa automobilistica italiana Maserati, il motore viene elaborato ulteriormente.
Dal 2014 appartiene al gruppo industriale Fiat Chrysler Automobiles, azienda italo-statunitense di diritto olandese, il settimo gruppo automobilistico mondiale che riunisce molti marchi prestigiosi.

 

La cessione della Ducati alla VM, porta a concentrare la sua produzione sui motori diesel a discapito delle moto, tolte dalla lista delle priorità; ciò unito alle difficoltà sul mercato patite dalla Ducati per mano delle Case giapponesi (specialmente quello statunitense), produce un tracollo delle vendite.
La gestione statale pone fine anche all’impegno agonistico, ritenuto un “lusso” che non ci si poteva permettere mettendo così a repentaglio il futuro dell’azienda, che promuoveva la sua immagine proprio grazie ai successi sportivi.

Nel frattempo, nei primi anni Ottanta la casa bolognese aveva stretto un accordo per la fornitura dei motori Pantah con la varesina Cagiva per poter creare le proprie moto di grossa cilindrata. Col tempo i rapporti si strinsero e nel 1985 i fratelli Claudio e Gianfranco Castiglioni acquistano la Ducati dalla VM Motori, con l’idea di spostare la produzione delle moto a Varese, per lasciare a Borgo Panigale l’assemblaggio dei motori Pantah.

Fondata a Varese da Giovanni Castiglioni nel 1950, l’azienda originariamente nasce come azienda produttrice di minuteria metallica.

Rilevato lo stabilimento di Schiranna nel quale venivano prodotte le AMF-Harley Davidson e prima ancora le Aermacchi, i fratelli Claudio e Gianfranco Castiglioni nel 1978 entrano nel mercato motociclistico.
Il marchio di fabbrica è un acronimo del nome del fondatore e la sede degli impianti (CAstiglioni GIovanni VArese), e dall’elefantino, simbolo portafortuna selezionato nel dopoguerra da Giovanni Castiglioni.
Negli anni Ottanta la Cagiva acquista in breve notorietà, come la casa dell’elefantino, sul mercato internazionale.
Per i primi anni di attività la commercializzazione di modelli diversificati tra stradali, enduro e cross viene limitata alle piccole cilindrate, ma nel 1983 incomincia ad entrare nel settore media-alta cilindrata, con l’adozione di motori Ducati.
Nella seconda metà degli anni Ottanta, Cagiva attuando un ampio piano industriale di espansione acquisisce Ducati, Moto Morini e Husqvarna.
Sotto la guida di Claudio Castiglioni e del designer Massimo Tamburini, la casa varesina rilancia la storica azienda bolognese Ducati producendo alcuni modelli molto noti, come la Ducati 916 e la Ducati Monster, nata dalla matita di Miguel Galluzzi.

Cagiva nel 1992 intraprende un nuovo progetto industriale rilanciando il marchio MV Agusta, ormai dimenticato, con un’idea ambiziosa: creare una moto super sportiva con motore a 4 cilindri in grado di battersi con la migliore concorrenza. Presentata nel 1997 al Salone di Milano la F4 750 si caratterizza per il suo design che diviene uno dei punti di riferimento per ricercatezza e pulizia delle linee; per l’esclusività, la qualità della componentistica, la cura dei particolari e il rigore ciclistico viene definita la “Ferrari” delle due ruote.
Nel 1987 a San Marino nasce il Centro Ricerche Cagiva, poi ridenominato Centro Ricerche Castiglioni, un centro di sviluppo motociclistico dal quale vengono prodotti i modelli Cagiva e MV Agusta, oltre ai modelli da competizione.

Alla fine dei anni Novanta la Cagiva vende prima Ducati (1996) e poi Moto Morini (1999); un decennio dopo (2007) viene venduta anche la Husqvarna, alla BMW.

Il marchio Cagiva viene incorporato nel MV-Agusta Group e nel 2008 il gruppo viene acquisito dalla Harley-Davidson, la quale lo rivende due anni dopo proprio a Claudio Castiglioni, fondatore del marchio Cagiva, il quale deceduto nel 2011 lascia l’azienda nelle mani del figlio Giovanni.

 

Cagiva mantiene dunque il controllo della Ducati fino al 1996, anno in cui il Texas Pacific Group acquista il 51% delle azioni, e questo decennio è caratterizzato da forti investimenti nelle competizioni, con i successi nelle gare Superbike a trainare le vendite dell’azienda. Nel 1998 il Texas Pacific Group acquista il rimanente 49% della Ducati e l’anno successivo l’azienda muta denominazione in Ducati Motor Holding SpA e il fondo texano colloca sul mercato oltre il 65% delle azioni possedute.
Nello stesso anno viene organizzata la prima edizione del World Ducati Week (WDW): la settimana dedicata ai tifosi Ducatisti. In quell’occasione si inaugura il nuovo Museo Ducati, un museo tecnologico situato a Bologna nei pressi dell’azienda Ducati che raccoglie i veicoli da competizione dal Cucciolo fino alle moderne Desmosedici, oltre ad altri oggetti.
La collezione dei documenti tecnici contenuta nel museo è stata inclusa dal Ministero dei Beni Culturali per essere inclusa nell’Archivio nazionale.

Il marchio Ducati ritorna in mani italiane nel 2006 con l’acquisto da parte di Investindustrial Holdings, la finanziaria di Andrea Bonomi, di una quota consistente del capitale sociale, segnando l’anno successivo un ritorno all’utile.
Nel 2008 Ducati ha concesso il proprio marchio all’azienda italiana Onda Communication per la produzione di una linea di periferiche per la connessione internet tramite rete cellulare.

Nel 2012 viene annunciata l’acquisizione di Ducati Motor Holding SpA da parte della Lamborghini Automobili S.p.A., entrerà quindi a far parte del gruppo automobilistico Volkswagen AG mantenendo la sua sede originaria in Borgo Panigale a Bologna.
A seguito della stessa operazione, poichè Ducati aveva sviluppato una collaborazione con la casa di elaborazione AMG (del gruppo Mercedes Benz) da cui erano nati un modello esclusivo, la Ducati Diavel AMG, e una serie di altri prodotti commerciali, viene sciolta formalmente l’alleanza per “acquisto della compagnia da parte di un produttore rivale” e tutti i prodotti con il logo Ducati-AMG escono di conseguenza dalla produzione.