La Giornata Mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita dall’Assemblea generale dell’ONU, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, designando il 25 novembre come data della ricorrenza e invitando i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare in tal giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica.

La data fu scelta da un gruppo di donne attiviste nel 1981, quando a Bogotà in Colombia si tenne la prima Conferenza di Donne Latinoamericane, per ricordare il tragico evento in cui vennero assassinate le  sorelle Mirabal, fatto che produsse gran dolore in tutta la Repubblica Dominicana, che insieme ad Haiti va a costituire l’isola caraibica di Hispaniola nelle Grandi Antille, e fortificò lo spirito patriottico della comunità, desiderosa di raggiungere un governo democratico che garantisse il rispetto della dignità umana.

Le  sorelle Mirabal

Il 25 novembre 1960 Minerva e María Teresa Mirabal recatesi in visita ai propri mariti in prigione, in compagnia della sorella Patria, furono intercettate da agenti del Servizio Militare di Intelligenza. Condotte in un canneto, subirono le più crudeli torture prima di essere vittime di quello che si è considerato il crimine più orripilante della storia dominicana.
Coperte di sangue, massacrate dalle coltellate, furono strangolate, messe nel veicolo nel quale viaggiavano e gettate in un precipizio con lo scopo di simulare un incidente.

Le sorelle Mirabal nacquero a Ojo de Agua, in una provincia della Repubblica Dominicana che si trova accanto ad Haiti sull’isola caraibica di Hispaniola nelle Grandi Antille. Esse si opposero alla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo, giunto al potere nel 1930 con elezioni truccate deponendo il presidente Horacio Vásquez. Fu una tra le dittature latine più sanguinose dell’età contemporanea, caratterizzata dall’anticomunismo e dal culto della personalità, alla quale Il popolo tentò di ribellarsi dando vita al movimento rivoluzionario “14 giugno” di cui le sorelle Mirabel furono le ispiratrici.

Patria Mercedes (1924-1960), la sorella maggiore, fu testimone delle numerose ingiustizie che si spesero nel suo paese. Si sposò molto giovane con Pedro Gonzáles Cruz con cui ebbe tre figli. La sua casa servì da rifugio e punto di riferimento per il coordinamento ed organizzazione del “Movimento 14 giugno”. Quando il movimento fu scoperto, i dirigenti e la maggioranza dei suoi membri furono imprigionati, e tra loro; suo marito ed il figlio di 12 anni.
La sua casa fu rasa al suolo ed i beni espropriati.

Minerva Argentina (1926-1960), nel 1955 si sposò con Manolo Tavarez Justo con cui ebbe due figli. Fu rappresentante delle idee politiche più avanzate della sua epoca e continua a costituire un riferimento storico per i paesi che costantemente lottano per la libertà. Minerva fu anche una delle organizzatrici del “Movimento 14 giugno”. A 22 anni, fu imprigionata per avere respinto le pretese amorose del dittatore.

Antonia María Teresa (1936-1960), la più giovane delle sorelle, collaboratrice del “Movimento 14 giugno”, fu vittima della repressione, subendo il carcere diverse volte. Si caratterizzò per la sua fermezza e dignità durante gli interrogatori davanti agli uomini del” Servizio di Intelligenza Militare” (SIM).


 

“La violenza distrugge ciò che vuole difendere:
la dignità, la libertà, e la vita delle persone”

Giovanni Paolo II

 


 La verità sulle donne

Ogni giorno una moltitudine di donne ancora oggi subisce violenze, sia psicologiche che fisiche,  vittime di commercio e tratta finalizzati alla prostituzione, di matrimonio forzato e delitto d’onore, milioni quelle abusate, mutilate, condannate a morte senza processo, giudicate irreversibilmente da parenti e dalla comunità. Senza dimenticare i milioni di donne analfabete escluse dalla società, condannate ad essere schiave, vendute e comprate, alla mercè di ferree regole familiari che ne fanno delle “senza identità”, veri fantasmi viventi della società. Quelle moltitudini vittime di conflitti e di stupri etnici. vittime di tradizioni ed usanze inumane e degradanti come l’infibulazione.
Bisogna che tutte le istituzioni cerchino di moltiplicare gli sforzi per contrastare questo fenomeno, incoraggiare le donne a reagire alla violenza, garantendo loro una rete di accoglienza e sostegno.

LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI

Le mutilazioni genitali femminili
spesso praticate sulle bambine
sono un problema prettamente culturale,
non religioso


Pregiudizi alla base delle MGF

Le mutilazioni genitali femminili (MGF) vengono praticate per una serie di motivazioni:

  • Ragioni sessuali: soggiogare o ridurre la sessualità femminile.
  • Ragioni sociologiche: es. iniziazione delle adolescenti all’età adulta, integrazione sociale delle giovani, mantenimento della coesione nella comunità.
  • Ragioni igieniche ed estetiche: in alcune culture, i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e osceni.
  • Ragioni sanitarie: si pensa a volte che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino.
  • Ragioni religiose: molti credono che questa pratica sia prevista da testi religiosi (Corano).

Le MGF vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni di età. Tuttavia, in alcuni paesi vengono operate bambine con meno di un anno di vita, come accade nel 44% dei casi in Eritrea e nel 29% dei casi nel Mali, o persino neonate di pochi giorni (Yemen).
Ad eseguire le mutilazioni sono essenzialmente donne: levatrici tradizionali o vere e proprie ostetriche.
Le MGF sono spesso considerate un servizio di elevato valore, da remunerare lautamente: lo status sociale e il reddito di chi le compie è direttamente connesso all’esito di questi interventi.

Fonte: unicef.it

Commento: è evidente che con queste pratiche si voglia negare la sessualità della donna, il clitoride è l’unico organo corporeo finalizzato esclusivamente alla sensazione e all’eccitazione sessuale e l’infibulazione impedisce il coito, una specie di cintura di castità.
Certo che qui siamo alla preistoria! E coloro verso cui ho meno comprensione sono proprio le donne… come si fa a voler praticare simili torture alle proprie figlie, sapendo a quello che andranno incontro!! Inconcepibile!

Leda

Nemmeno la nostra Italia è immune dalla violenza. Per qualche donna che denuncia i suoi aggressori, ce ne sono molte altre che non riescono o non vogliono farlo. Purtroppo il fenomeno è sempre in aumento. Secondo Telefono Rosa, che da sostegno alle vittime di violenza al primo posto rimane la violenza domestica.

Telefono rosa nasce nel febbraio 1988, inizialmente come strumento temporaneo per realizzare una ricerca volta a far emergere, attraverso la voce diretta delle donne, la violenza “sommersa”. Innumerevoli sono le testimonianze che giungono da tutta Italia e fin dal suo nascere, l’ascolto attento e solidale dei volontari, qualifica il “Telefono Rosa” come una nuova forma di servizio sociale. Nell’estate del 1990 diventa una vera e propria Associazione nazionale.
Si constata che la violenza è enormemente diffusa a vari livelli e in qualsiasi ambito sociale, anche in quelli comunemente sentiti rassicuranti come la famiglia, la scuola, il luogo di lavoro.
“Telefono Rosa” diventa un vero e proprio servizio a disposizione di tutte coloro che vogliono spezzare la catena del silenzio e del sacrificio, alleati indispensabili della cultura della violenza, offre informazioni, accoglienza, supporto psicologico, consulenza legale, anche economica al fine di mettere in guardia la donna di fronte alla violenza economica che molto spesso si presenta insieme alla violenza fisica e psicologica.

Dal 2006 il “Telefono Rosa – Onlus” ha personalità giuridica. Oggi l’Associazione Nazionale Volontarie del Telefono Rosa Onlus è una rete di associazioni territoriali. La sede della presidenza è a Roma.


La violenza del silenzio – Liceo scientifico A. Labriola (2014)

Telefono rosa ha un sito web di servizio realizzato per aiutare tutte le persone (donne, anziani,  adolescenti) che abbiano subito violenza fisica, psicologica, economica, sessuale, mobbing e stalking, Per le donne che attraversano un momento di difficoltà e per chi vuole approfondire la conoscenza del lavoro svolto a favore della prevenzione della violenza, della promozione della cultura, della comprensione, della tolleranza e del rispetto.

Il libro della nostra vita

Donne picchiate, donne violentate,
donne che non hanno più lacrime.
Lascio una traccia di me sul selciato
di questo mondo virtuale.
Una pagina di un libro che nessuno leggerà mai.
Il mio sogno di riscattare tutte le donne del mondo,
in una ineguaglianza che nessuno conosce.
Studio di nascosto perchè voglio urlare la verità
che si nasconde dietro le porte chiuse.
Schiaffi percosse e tanta paura.
Nessuno se ne frega.
Tante parole di comprensione
ma solo chi ha vissuto la violenza sa cosa vuol dire.
Lacrime lividi ma ferite sull’anima.
Donne con il sesso infibulato,
donne senza diritto di vivere,
donne non libere,
una schiavitù esistente
un libro da chiudere gettare
e far finta di non averlo letto.
La schiavitù apparentemente non esiste,
basta leggere la cronaca dei giornali per capire…
cosa vuol dire essere donna oggi.

Libro di vita da bruciare.

Un inchino

Firdhaus.