L’ermetismo è un movimento letterario e culturale che si sviluppa a Firenze intorno al 1930. Il termine, coniato dal critico letterario Francesco Flora nel 1936 fa riferimento alla figura leggendaria e mistica di Ermete Trismegisto che significa letteralmente «Ermes il tre volte grandissimo».
Con questo nome si voleva assimilare Ermete, dio greco del logos (parola, discorso) e della comunicazione, a Thot, dio egizio delle lettere, dei numeri e della geometria. Essendo costume degli egizi iterare l’aggettivo «grande» davanti al nome delle divinità, Ermete era appunto indicato come il “grandissimo” per tre volte.
Risalente al periodo ellenistico, ad Ermete Trismegisto personaggio leggendario venerato come maestro di sapienza, si ritiene sia l’autore del Corpus Hermeticum, un insieme di scritti iniziatici e filosofici raccolti in epoca bizantina che si ispirava all’antica sapienza egizia, celata nell’enigmatico linguaggio dei geroglifici.
L’Ermetismo si impose nel periodo tra le due guerre, dopo l’esperienza dei crepuscolari (corrente letteraria dai toni tenui e smorzati, vagamente malinconici, senza emozioni particolari, rifiutava qualsiasi forma di poesia eroica o sublime) e gli esperimenti dei futuristi.
I poeti ermetici perseguono l’ideale di una “poesia pura”, libera da ogni finalità pratica, essenziale, dal carattere chiuso (ermetico) e volutamente complesso attraverso un gioco di analogie e allusioni di difficile interpretazione. Un significato che è percepito esclusivamente dal poeta, e spesso nemmeno da esso stesso, manifestando in questo modo l’indecifrabilità del reale e delle proprie stesse percezioni. Isolandosi in uno spazio interiore, rifiuta la parola come atto di comunicazione per lasciarle solo il carattere evocativo.
La censura insita nell’ermetismo è una presa di posizione contro la manipolabilità e la facilità comunicativa della nascente società di massa, che si esplica nella propaganda dei regimi dittatoriali (come il fascismo) sorti dopo la prima guerra mondiale. La poesia, allora, si rinchiude e si assume il compito di ridare un senso alla parola, di risemantizzarla, di usarla solo quando necessaria.
L’Ermetismo finì per dissolversi alla fine della Seconda guerra mondiale, ma lasciò un’impronta viva, e anche un impulso nella cultura della poesia e della critica.
In Italia alla base di questo movimento, che ebbe come modello i grandi del decadentismo francese come Mallarmé, Rimbaud e Verlaine, si trova un gruppo di poeti ermetici, tra i più celebri ricordiamo Salvatore Quasimodo e Mario Luzi.
Ungaretti, all’indomani della pubblicazione del Sentimento del tempo, fu salutato come il maestro e precursore della propria scuola poetica, iniziatore della poesia «pura». Da allora la poesia ungarettiana ha conosciuto una fortuna ininterrotta. A lui, assieme a Umberto Saba e Eugenio Montale, hanno guardato, come un imprescindibile punto di partenza, molti poeti del secondo Novecento.
Tra gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del Novecento in Europa crebbe un certo interesse per la cultura giapponese, la cui storia e cultura millenaria influenzò notevolmente in ogni ambito l’arte del Vecchio continente (Giapponismo). In particolare, gli haiku ispirarono la poesia ermetica, specie per quella francese e quella italiana, ad esempio in Giuseppe Ungaretti:
Lontano lontano
come un cieco
m’hanno portato per mano
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
L’HAIKU
Privo di un titolo, l’haiku descrive la natura nelle diverse stagioni e ne cristallizza dei particolari nell’attimo presente; il poeta trae ispirazione dalle emozioni e creando una metafora esprime e fissa uno stato d’animo profondo. L’estrema concisione dei versi lascia spazio ad un vuoto ricco di suggestioni, come una traccia che sta al lettore completare.
Comporre un haiku non è facile, l’«immediatezza» e la «spontaneità» che lo caratterizzano sono frutto di una disciplina, una buona e sciolta capacità associativa richiede un lungo e difficile training. Freud stesso intuì la similitudine tra associazione libera in psicoanalisi e produzione poetica.
Molto diffuso nel periodo Edo (1644-1694), l’haiku fu per secoli una forma di poesia “popolare”, la scrittura di diari di viaggio (haibun 俳文), e fu elevata a forma d’arte dal poeta Basho Matsuo.