Prima Colazione
Lui ha messo
Il caffè nella tazza
Lui ha messo
Il latte nel caffè
Lui ha messo
Lo zucchero nel caffellatte
Ha girato
Il cucchiaino
Ha bevuto il caffellatte
Ha posato la tazza
Senza parlarmi
S’è acceso
Una sigaretta
Ha fatto
Dei cerchi di fumo
Ha messo la cenere
Nel portacenere
Senza parlarmi
Senza guardarmi
S’è alzato
S’è messo
Sulla testa il cappello
S’è messo
L’impermeabile
Perché pioveva
E se n’è andato
Sotto la pioggia
Senza parlare
Senza guardarmi,
E io mi son presa
La testa fra le mani
E ho pianto.
Jacques Prévert
Jacques Prévert (1900-1977) poeta e sceneggiatore francese dimostra fin da giovanissimo di avere un particolare interesse sia per la lettura che per lo spettacolo. Durante il servizio militare conosce Yves Tanguy grande appassionato di pittura che diverrà suo grande amico. Quindi tornato a Parigi, due anni dopo va a vivere nei pressi di Montparnasse con Yves Tanguye e Marcel Duhamel in un appartamento che diverrà presto luogo d’incontro dei surrealisti.
Nel 1930 Prévert si allontana dal movimento, a cui partecipa solo marginalmente; egli è uno spirito libero e mal sopporta le esigenze di André Breton, uno dei principali teorici del movimento culturale surrealista.
I suoi primi testi risalgono al 1930 quando il poeta li pubblica prima sulla rivista de famille e l’anno successivo sulla rivista Commerce, dove lavora Giuseppe Ungaretti come redattore.
Nel 1932 Prévert inizia un’intensa attività teatrale lavorando con la compagnia “Gruppo d’Ottobre”, della Federazione Teatro Operaio, che intende promuovere un “teatro sociale”, ma andrà affermandosi soprattutto come sceneggiatore cinematografico. Nel 1946 pubblica la sua opera più famosa, Paroles, una raccolta di poesie.
La poesia di Prévert è una poesia scritta per essere detta e quindi più parlata che scritta, fatta per entrare a far parte della nostra vita. Ciò che esce con prepotenza è il concetto di amore come unica salvezza del mondo, un amore implorato, sofferto, tradito, ma alla fine sempre ricercato.
Prévert nella sua poesia passa dal gioco attento dell’intelligenza al controllo della sensibilità, dall’uso scanzonato dell’ironia ad una semplicità di espressione che a volte, ad un lettore superficiale, può sembrare sfiorare la banalità.
La poesia prevertiana è di una facilità pericolosa perché ricca di ritmi interni, di giochi di parole, di diverse situazioni psicologiche che sono lo specchio di questo grande poeta francese. (da wikipedia)
IL SURREALISMO
È un movimento culturale che coinvolge tutte le arti visive, anche letteratura e cinema, che nasce a Parigi negli anni venti del Novecento come evoluzione del Dadaismo e sotto l’impulso teorico di André Breton con la pubblicazione, nel 1921, del Primo Manifesto del Surrealismo.
Breton, che aveva compiuto studi universitari di neuropsichiatria e aveva prestato servizio negli ospedali psichiatrici durante la guerra, fu influenzato dalla lettura de L’interpretazione dei sogni di Freud del 1899 arrivando alla conclusione che era inaccettabile il fatto che il sogno (e l’inconscio) avesse avuto così poco spazio nella civiltà moderna. Pensò quindi di fondare un nuovo movimento artistico e letterario in cui il sogno e l’inconscio avessero un ruolo fondamentale.
Surreale, è ciò che supera, oltrepassa la dimensione della realtà sensibile, è irrazionale e onirico, poichè esprime o evoca il mondo dell’inconscio, della vita interiore, del sogno.
I principi fondamentali della nuova arte, secondo André Breton, si basano sulla possibilità che l’uomo ha di creare una sintesi tra la percezione oggettiva e la percezione soggettiva del mondo, la cui coscienza non deve esercitare alcun controllo morale o razionale sui risultati finali, dettato da canoni estetici prestabiliti o da tabù. L’arte deve essere il risultato dell’immediata corrispondenza tra inconscio e gesto creativo.
I surrealisti prendono a prestito dalla psicoanalisi freudiana il principio dell’ “automatismo psichico”, secondo cui l’artista crea trasferendo in modo automatico ciò che sgorga liberamente dall’inconscio senza il controllo e la mediazione della ragione, ma lasciandosi trasportare dalle proprie sensazioni. Così si esprime il funzionamento reale del pensiero, che libero di vagare secondo libere associazioni di immagini e di idee, riesce a portare in superficie quell’inconscio che altrimenti appare solo nel sogno, il luogo privilegiato, il “punto supremo” in cui tutte le contraddizioni trovano soluzione.
Il surrealismo coinvolse e influenzò numerosi artisti, mettendo a punto diverse tecniche e linguaggi che risultano liberi, nuovi, anomali, ammettendo ogni sperimentazione ed ogni stile, come:
- il collage (carte, fotografie, oggetti, ritagli di giornale o di rivista vengono sovrapposti creando un insieme),
- il frottage (tecnica basata sul principio dello sfregamento, ad es. di una matita su un foglio sovrapposto a una superficie con rilievi marcati, come una moneta), la decalcomania (trasferimento di un’immagine su una superficie, ad es. i tatuaggi trasferibili ad acqua o adesivi)
- il fumage (Forme sfumate ottenute su una tela avvalendosi della fiamma di una candela), la pittura automatica, i quadri di sabbia.
A quell’immaginazione che non ammetteva limiti, permettiamo appena di esercitarsi, adesso, secondo le norme di un’utilità arbitraria; essa è incapace di assumere per molto tempo questa funzione inferiore, e intorno ai vent’anni, preferisce di solito, abbandonare l’uomo al suo destino senza luce.
(…) Cara immaginazione, quello che più amo in te è che non perdoni.
La sola parola libertà è tutto ciò che ancora mi esalta. La credo atta ad alimentare, indefinitamente, l’antico fanatismo umano. Risponde senza dubbio alla mia sola aspirazione legittima. Tra le tante disgrazie di cui siamo eredi, bisogna riconoscere che ci è lasciata la massima libertà dello spirito. Sta a noi non farne cattivo uso. Ridurre l’immaginazione in schiavitù, fosse anche a costo di ciò che viene sommariamente chiamato felicità, è sottrarsi a quel tanto di giustizia suprema che possiamo trovare in fondo a noi stessi.
Brano tratto dal Manifesto del surrealismo (1924), Torino, Einaudi, 1966
Il figlio dell’uomo di René Magritte (1964)
È questo forse un enigma? È forse l’uomo della mela? No, è la Grande Guerra”… Esprimere le sofferenze della guerra del 1914 con una mela posta di fronte al viso di un borghese dal colletto duro a punte rivoltate e cappello a bombetta, rivela una psicoanalisi freudiana ben compresa.
“I corpi, le divisioni, le brigate e i reggimenti hanno preso forma. Nella prima compagnia di ciascun reggimento gli alfieri portano le bandiere. Giganteschi cortei mascherati attendono ubbidienti il comando di coloro che menano la danza. Solo in faccia non portano maschere. Tanto, ormai, le facce non hanno nessuna importanza. Oggi hanno valore soltanto i tronchi, le membra e il tipo di stellette e bottoni cuciti sull’essere umano. I bottoni! Soprattutto i bottoni devono essere in ordine. E comunque verrà anche il tempo delle maschere. Antigas.”
da Il sale della terra di Józef Wittlin (1936)